2022-10-17 (Bari) Uncle 'Sim' wants you! Playful warefare
Jos de Mul. Uncle 'Sim' wants you! Playful warefare. Lecture and contribution to the Panel Discussion of the conference Videogames, War High Culture Bari: October 17, 2022.
What are they, but most of all, what could video games be? To what extent are old and new generations influenced and "educated", directly or indirectly, consciously and unconsciously, by the videogame applications developed for (and in) the psycho-social space of the “Global Market”? What relationship exists between High Culture, in the complexity of its (re) definition, and the world of contemporary (Cyber)Ludus? In 2018 Fabio Belsanti, CEO and Lead game designer of AgeOfGames with a background as a historian, Roberto Talamo, literary theorist and teacher, and Elisa Di Lorenzo, CEO Untold Games, questioned themselves and, at the same time, asked a first group of scholars/academics and developers, these and many more questions with the purpose to feed the international debate on the complex and multifaceted universe of videogames.
In the spirit of Johan Huizinga's great essay “Homo Ludens”, the project has a clear multidisciplinary approach and will try to proceed in multiple directions by involving scholars and developers from all over the world in the formulation of ever new, problematic questions (and, perhaps, answers). In addition to an extensive video section, with discussions and interviews, the project contributed, in collaboration with professor Marco Accordi Rickards, CEO Vigamus Foundation, to the creation of a first miscellaneous work that crystallizes some reflections developed during the round tables. The work is entitled “Homo Cyber Ludens” and has collected very high profile contributions.
2021-12-17 (Bari) Cyber Homo Ludens
Jos de Mul. Cyber Homo Ludens. Contribution to the Panel Discussion of the conference Videogames and High Culture. Bari . December 17, 2021.
What are they, but most of all, what could videogames be?
To what extent old and new generations are influenced and “educated”, whether directly or indirectly, conscious or unconscious, by video-recreational applications developed for the global market?
What is the existing relationship between High culture, in the complexity of its own definition, and the world of digital entertainment?
In 2018 Fabio Belsanti, game designer with a historian background, Roberto Talamo, a literature theorist and lecturer, and Elisa Di Lorenzo, CEO Untold Games, questioned themselves and, at the same time, asked a first group of scholars/academics and developers, these and many more questions with the purpose to feed the international debate on the complex and multifaceted universe of videogames.
In the spirit of the great essay Homo Ludens by Johan Huizinga the project has been designed with a clear multidisciplinary intent and will try to follow several directions involving in the definition of questions and answers academics and developers from everywhere in the world
2015-06 (Confronti) Multiculturalismo, nuove tecnologie e religione
Alberto Romelo. Multiculturalismo, nuove tecnologie e religione. Interview a Jos de Mul. Confronti. No. 6, 2015, 26-28.
Multiculturalismo, nuove tecnologie e religione
In epoche storiche lontane, i cambiamenti avvenivano con molta lentezza e le società tendevano a essere più omogenee. Oggi - soprattutto grazie ai nuovi media - c'è più scambio tra culture diverse, le persone sono in grado di entrare in contatto e conoscerle, quindi hanno maggiore possibilité di scelta.
Jos de Mul è professore di Antropologia filosofica all’università Erasmus di Rotterdam, dove è a capo della sezione Filosofia dell’uomo e della cultura. Inoltre, è direttore dell’istituto di ricerca «Filosofia delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione» (ɸIct). Tra le sue pubblicazioni in inglese, Destiny Domesticated. The Rebirth of Tragedy Out of the Spirit of Technology (2014), Cyberspace Odyssey. Towards a Virtual Ontology and Anthropology (2010) e The Tragedy of Finitude. Dilthey’s Hermeneutics of Life (2004). L’abbiamo intervistato a Porto, in Portogallo, dove si trovava e ci trovavamo per una conferenza dal titolo «Harder, Better, Faster, Stronger? Philosophical investigations into Big Data».
In un suo recente articolo, per spiegare cos’è il multiculturalismo, fa l’esempio di una ragazza incrociata nella metropolitana di Rotterdam. Per me è stato illuminante. Potrebbe riprenderlo qui?
Si trattava di una sorta di fenomeno ibrido, perché era musulmana (portava il velo) ma allo stesso tempo usava dei pattini, aveva una t-shirt con lo smile e un telefono in mano. Stava parlando, probabilmente con un’amica, in uno strano misto di arabo e olandese con un forte accento di Rotterdam. Per me è diventata una specie di simbolo della società multiculturale in cui ci troviamo oggi. Certo, penso che le culture siano sempre state una specie di ricombinazione di elementi presi da tradizioni più antiche o da altre tradizioni.
Comprendere la natura. Dilthey, Plessner e la bioermeneutica
Jos de Mul, Comprendere la natura. Dilthey, Plessner e la bioermeneutica. Lo Sguardo - rivista di filosofia. Vol. 14, no.1 (2014), 117-134.
Abstract: In recent years, authors like Chebanov, Markŏs, and Ginev have attempted to implement hermeneutic categories in the domain of biology. Against this background, the author takes Dilthey’s scattered remarks on the notion of the organic and Plessner’s biophilosophy as his starting point for the development of a biohermeneutical theory of biological purposiveness, which aims at bridging the gulf between the natural and the human sciences. Whereas the natural and human sciences are closely connected with a third-person and a first-person perspective respectively, the author argues that the second-person perspective plays a crucial role in the life sciences. In opposition to the natural sciences, in which causality is the key notion, and the human sciences, which rest on the notion of meaning, the author argues that the central concepts that characterize the second-person perspective of the life sciences are functionality and intentionality.
Nella Lebensphilosophie di Dilthey, l’antropologia e la storia sono strettamente connesse. Come lo stesso Dilthey afferma in una sentenza spesso citata, «Was der Mensch sei, sagt ihm nur seine Geschichte»[2]. Tuttavia, per Dilthey storia significa solamente storia culturale. Per sviluppare una comprensione adeguata della condizione storica dell’uomo, dovremmo prendere in considerazione però anche la storia naturale. Dopo tutto, in quanto unità psico-fisica, l’Homo sapiens sapiens è il prodotto storico di un’iterazione complessa tra sviluppi sia naturali che culturali. Inoltre, all’epoca delle scienze della vita, la storia naturale e quella culturale sembrano sempre di più sconfinare l’una nell’altra. Le biotecnologie quali l’ingegneria genetica, l’ingegneria metabolica e il trapianto di genoma trasformano gli organismi in artefatti culturali e nel tentativo di creare la vita artificiale (probabilmente il Santo Graal della biologia di sintesi), gli artifatti culturali manifestano via via maggiori qualità prima riservate alla vita organica.
In quanto segue argomenterò la tesi secondo cui l’ermeneutica di Dilthey, specialmente la sua analisi della triade Erleben, Ausdruck e Verstehen, offre ancora un proficuo punto di partenza per lo sviluppo di una bioermeneutica che non ha a che fare solamente con la comprensione umana e con l’interpretazione degli esseri, delle (inter)azioni e degli artifatti umani, ma che include anche la comprensione e l’interpretazione di e da parte di agenti non-umani. Il fatto che Dilthey nei suoi ultimi scritti ermeneutici distingua in maniera piuttosto dogmatica tra natura e cultura pare senza dubbio di primo acchito un ostacolo per lo sviluppo di una bioermeneutica ispirata al suo pensiero. Per esempio, Dilthey rifiuta esplicitamente la possibilità di una comprensione umana della vita delle piante: «Bedeutung oder Wert kann etwas nicht haben, von dem es kein Verstehen gibt. Ein Baum kann niemals Bedeutung haben» (GS VII, p. 259). La possibilità di una comprensione o di un’interpretazione da parte di agenti non umani non è poi nemmeno considerata da Dilthey. Eppure, sosterrò che gli scritti tardivi di Dilthey sull’ermeneutica contengono qualche traccia per lo sviluppo di una bioermeneutica. Svilupperò oltre queste tracce con l’aiuto della biofilosofia di Plessner e grazie a qualche riferimento ad alcuni recenti sviluppi negli ambiti della biologia dei sistemi e della neuropsicologia[3].
Innanzitutto, riprendendo il dibattito sulla demarcazione delle Naturwissenschaften e delle Geisteswissenschaften che ebbe luogo in Germania attorno al 1900, avanzerò la tesi secondo cui in quel dibattito erano in gioco varie dicotomie ontologiche, epistemologiche, fenomenologiche e normative che non combaciano. Dirò poi che queste dicotomie precludono una comprensione adeguata del carattere peculiare delle scienze della vita, a metà strada tra le scienze della natura e quelle umane (§ 1). Mostrerò in secondo luogo che Dilthey, nonostante il suo approccio per lo più dicotomico nel dibattito su tale demarcazione, a sua volta fondato sulla distinzione tra esperienza esteriore (prospettiva alla terza persona) e interiore (prospettiva alla prima persona), in qualche occasione ha riconosciuto lo statuto speciale delle scienze della vita, connesso con la «conformità di scopo (Zweckmäßigkeit)» immanente delle entità viventi (§ 2). In terzo luogo, dirò che la comprensione del finalismo immanente richiede l’esperienza da una prospettiva alla seconda persona, incarnata e interattiva (§ 3). Al fine di sostenere tale ipotesi, farò riferimento all’analisi di Plessner della triplice dimensione corporale della vita umana in Die Stufen des Organischen und der Mensch (§ 4). Nell’ultima parte, fornirò una breve visione d’insieme dei differenti tipi di interpretazione intraspecie, interspecie e intraorganica e traccerò i compiti che attendono la bioermeneutica (§ 5).